mercoledì 15 maggio 2019

CONTESTAZIONE DELL'AUTENTICITA' DEL TESTAMENTO OLOGRAFO



Com’è noto chi vuole disporre dei propri beni dopo la morte deve fare il testamento. Secondo quanto previsto dall’articolo 587 codice civile, “Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.”

TIPI DI TESTAMENTO 


Nel nostro ordinamento sono previste due forme ordinarie di testamento e dei testamenti speciali.

Le forme ordinarie sono il testamento olografo e il testamento per atto di notaio.
Il testamento per atto di notaio è pubblico o segreto. I testamenti speciali sono quei testamenti che possono essere redatti solo nelle ipotesi in cui non è possibile procedere con la redazione di un testamento ordinario (quando il testatore si trova “in luogo dove domina una malattia reputata contagiosa, o per causa di pubblica calamità o d’infortunio”, a bordo di navi o di aeromobili e testamento dei militari ed assimilati). E’ necessario che qualsiasi tipo di testamento venga redatto per iscritto, non essendo ammesso il testamento orale.

La forma di testamento più comune e più utilizzata è il testamento olografo, il quale ai sensi dell’articolo 602 codice civile “deve essere scritto  per intero, datato e sottoscritto di mano del testatoreLa sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni”Quindi non è valido il testamento olografo scritto al computer o in stampatello.
Per la sua redazione, a differenza del testamento pubblico e del testamento segreto, non è necessaria la presenza del Notaio. Non è, altresì, prevista la presenza di testimoni e può essere liberamente conservato dal testatore senza particolari formalità, anche se nulla vieta che quest’ultimo provveda al deposito presso un notaio e che lo possa ritirare in qualsiasi momento.



Una delle tante problematiche sorte in merito al testamento olografo è quella relativa alle modalità di contestazione della sua autenticità. Infatti, all’interno della giurisprudenza si sono formati, nel tempo, due orientamenti.

MODALITA' DI CONTESTAZIONE

Secondo il primo orientamento, la non autenticità può essere fatta valere attraverso il disconoscimento dell’atto (Cass. Sentenza n. 2474/2005, Cass. n. 3371/1975, Cass. 28673/2011), in quanto è riconosciuta al testamento olografo la natura giuridica di scrittura privata e, pertanto, è ammesso che la contestazione dell’autenticità della sua sottoscrizione possa legittimamente compiersi attraverso il semplice disconoscimento della scheda testamentaria con conseguente onere della soggetto che ha prodotto il documento di proporre l’istanza di verificazione del documento, non assumendo nessuna rilevanza la posizione processuale delle parti.


Un secondo orientamento sancisce la necessità, invece, di procedere con la querela di falso anche se al testamento olografo non viene attribuito valore di atto pubblico (Cass. 16362/2013, Cass. 3 agosto 1968 n. 2793, Cass. 8272/2012), in quanto la contestazione dell’autenticità del testamento olografo si risolve in un’eccezione di falso e deve essere sollevata soltanto nei modi e con le forme di cui all’art. 221 e segg c.p.c., con il conseguente onere probatorio a carico della parte che contesti la genuinità della scheda testamentaria.

A dirimere la diatriba giurisprudenziale sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 12307/2015 hanno affermato il seguente principio di diritto: La parte che contesti l'autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e grava su di essa l'onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo.

Recentemente la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18363/2018, pubblicata il 12 luglio 2018, ha affrontato nuovamente la questione relativa alle modalità di contestazione della falsità di un testamento olografo, richiamando il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12307/2015 e confermato, quindi, la necessità di procedere con l’azione di accertamento negativo della provenienza della scrittura.

IL CASO

La vicenda esaminata dagli Ermellini con l’ordinanza in commento, trae origine dal ricorso promosso contro la sentenza con la quale la Corte di Appello aveva dichiarato inammissibile il gravame proposto avverso la sentenza di rigetto della domanda del ricorrente avente ad oggetto l’accertamento e la dichiarazione della qualità di erede legittimo della madre. La domanda era stata rigettata in quanto dalla consulenza tecnica d’ufficio era emerso che il testamento e la scrittura apposta sulla busta che conteneva la scheda testamentaria erano da attribuire alla madre dell’attore. Quest’ultimo, con il ricorso per Cassazione, denunciava fra l’altro la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2702 c.c.; artt. 100, 216, 112 e 113 c.p.c.; artt. 485 e 491 c.p., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo il ricorrente, nel caso di domanda di accertamento negativo, il riparto dell'onere della prova non fa venir meno l’obbligo in capo all'erede testamentario di dichiarare di volersi avvalere della scrittura privata, analogamente a quanto previsto dall'art. 216 c.p.c., comma 2, in relazione all'istanza di verificazione. Pertanto, senza la preventiva istanza di verificazione, verrebbe meno l'interesse all'accertamento della falsità del testamento e andrebbe invece solamente accertata la qualità di erede ab intestato della parte richiedente e non incombe su quest’ultima l’onere di fornire la prova circa la riferibilità e veridicità del testamento.


LA DECISIONE 

Con l’ordinanza in commento gli Ermellini, nel richiamare il principio di diritto affermato con la sentenza a Sezioni Unite della stessa Corte di Cassazione nr. 12307/2015, hanno ritenuto il ricorso infondato e nel rigettarlo hanno evidenziato che:
  1. Al fine di vedersi accertare la propria qualità di erede legittimo in presenza di un testamento olografo, presupposto indefettibile è che la parte interessata deve porre in seno al processo una questio inexistentiae, volta a rimuovere il titolo della successione e, quindi a disconoscere gli effetti del testamento olografo falso;

  2. Nessun onere di dichiarare preventivamente di volersi avvalere del testamento olografo che la designa erede incombe sulla parte evocata in giudizio;

  3. Indipendentemente dalla posizione processuale rivestita, l’onere della prova incombe sulla parte che contesta l'autenticità del testamento olografo ovvero che deduca che la scheda testamentaria non provenga da chi ne appare l'autore. Con la conseguenza che, ai fini dell'esperimento dell'azione di accertamento negativo, si deve avere riguardo esclusivamente ai presupposti e ai principi generali dettati con riferimento a tale azione di impugnativa negoziale, tra cui non si annovera alcun onere della parte contro cui l'azione è proposta di dichiarare di volersi avvalere dell'atto, nè quale autonomo requisito dell'azione di impugnativa negoziale, nè attraverso il richiamo analogico ai principi dettati in tema di verificazione e disconoscimento delle scritture private;

  4. L’onere contemplato dall'art. 216, comma 2, per l'istanza di verificazione proposta in via principale evoca regole, valevoli sul piano dell'efficacia sostanziale e del trattamento processuale per le scritture private, inapplicabili all’azione di accertamento negativo della falsità del testamento olografo. Quest'ultimo non è contestabile attraverso il procedimento previsto per le altre scritture private, sicché non trova applicazione l'art. 216 c.p.c., comma 2;

  5. Come chiarito dalle Sezioni Unite, il testamento olografo, pur gravitando nell'orbita delle scritture private, non può essere semplicisticamente "equiparato ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa".

Allegato:

Allegato: Cassazione civile Sez. VI - 2 Ordinanza n. 18363 del 12/07/2018



Fonte:
© AvvocatoAndreani.it 

martedì 29 gennaio 2019

REDIGERE UN TESTAMENTO VALIDO, SENZA NOTAIO: COME FARE?

Hai pensato di scrivere le tue volontà testamentarie e non sai come fare?  Sei convinto che si debba sottoscrivere dal notaio per essere valido? Ti preoccupa la parcella del notaio, o temi di non poter cambiare in un momento successivo le tue volontà?

Forse non tutti sanno che è possibile redigere un testamento giuridicamente valido senza la sottoscrizione del notaio o di altro professionista legale.

La legge italiana consente di sottoscrivere le proprie ultime volontà in piena autonomia.
Nel codice civile è disciplinata una tipologia di testamento, definito “testamento olografo”, che può essere redatto dal testatore in piena autonomia ed in assenza di un notaio.

Accertato che tutti possono redigere un testamento di proprio pugno ed in assenza di notaio, affinché l’atto sia legalmente valido, è necessario tuttavia rispettare alcuni requisiti.




REQUISITI PER REDIGERE UN TESTAMENTO OLOGRAFO
  • deve essere integralmente scritto a mano dal testatore. Ciò significa che non può essere scritto a macchina, né al computer, né può essere scritto da un’altra persona, anche se riporta alla fine la firma del testatore;
  • nel documento deve essere indicato il giorno, mese ed anno della sottoscrizione.  Questo requisito consente di stabilire quale sia l’ultimo documento valido, e di valutare lo stato di salute psico-fisica al momento della redazione del documento, al fine di accertare le piene facoltà intellettive necessarie alla validità dell’atto stesso;
  • deve essere  firmato dal testatore
  • devono essere indicati gli eredi con precisione, evitando margini di incertezza o ambiguità.

VANTAGGI E SVANTAGGI DI UN TESTAMENTO OLOGRAFO

Decidere di stendere le ultime volontà in assenza di un notaio comporta certamente dei vantaggi

Il primo è la semplicità di redazione del testamento. E’ sufficiente infatti disporre di un foglio, carta e penna. Il testamento è valido anche se scritto in dialetto o in altra lingua conosciuta dal testatore. E’ valido anche se ci sono errori ortografici o sintattici, purché non mettano in dubbio la chiarezza di intendimenti né i requisiti principali sopra esposti.

Un altro vantaggio è l’assenza di costi nel redigere il testamento olografo. 

Il testatore può inoltre revocare o riscrivere nuovamente le sue ultime volontà tutte le volte che vorrà, apportando le variazioni che desidera al suo testamento.

Decidere di redigere un testamento olografo presenta però alcuni svantaggi.

Una prima difficoltà è la conservazione del testamento, che può essere perso, oppure sottratto da qualcuno. Per conservare in sicurezza il testamento si può ricorrere al notaio, con costi che si aggirano sui 500 Euro.

L’autenticità della firma può essere contestata, poiché l’atto è stato redatto in assenza di un notaio, quindi la firma non è certificata, dunque potrebbe anche essere falsificata. L’autenticità del testamento e della firma verranno dunque investigati con perizia grafologica, con una possibile controversia legale che potrebbe aprirsi nel sospetto di falsità.

QUOTA LEGITTIMA

A seguito di un decesso, ed in assenza di testamento, il Codice Civile prevede delle precise percentuali di ripartizione dei beni del defunto ai suoi eredi. Talvolta queste ripartizioni si realizzano in tutta serenità, ma altre volte al dolore del lutto si aggiunge l’amarezza della gestione economica dell’eredità.
Con la stesura del testamento, la maggior parte delle volte, il testatore decide di sua iniziativa la ripartizione dei suoi beni. 

Bisogna sapere, tuttavia, che un testamento non può totalmente escludere degli eredi legittimi (figli, coniuge, ascendenti ecc.) Questi sono tutelati dalla legge, che sancisce una precisa quota legittima che deve essere riservata a loro, a prescindere dalle volontà del testatore.

Nella redazione dell’atto è quindi necessario sapere che il testatore, in presenza di eredi legittimi, non può disporre di tutti i suoi beni, ma solo di quelli rimasti togliendo la quota legittima.

 IL TESTAMENTO OLOGRAFO PUO’ ESSERE REVOCATO O MODIFICATO?

Il testamento scritto di proprio pugno dal testatore può essere revocato o modificato dallo stesso fino all’ultimo istante di vita.

Per apportare modificazioni, dovrà riscrivere daccapo il testamento, indicando la nuova data di redazione, e firmando il nuovo testamento. L’atto testamentario che porterà l’ultima data sarà quello ritenuto valido, poiché nel rispetto delle volontà ultime del testatore.

ANNULLABILITA’ E NULLITA’

Nel caso in cui il testamento sia redatto in assenza di notaio, l’atto può incorrere in due tipologie di invalidità: annullabilità e nullità.

Il testamento è definito nullo se non è autografo e se non è firmato dal testatore stesso.  

Il testamento è annullabile si presenta un difetto di forma su istanza di chi abbia interesse, che può impugnare l’atto entro cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie. 

Un altra possibile circostanza di invalidità del testamento è il ditelo di manifestazione della volontà del testatore.

In base a quanto disposto dalla sentenza n. 26931/2013 della Cassazione, la volontà del testatore deve essersi compiutamente ed incondizionatamente formata e manifestata e diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla morte”.

Un testamento con firma falsa è invece un testamento inesistente, in quanto il vizio è talmente grave da impedire all’atto di essere identificato come tale.

mercoledì 16 gennaio 2019

ELISIR D'IMMORTALITA'



Uno dei progressi più significativi dell'Uomo è stata la scrittura, i cui albori affondano circa 4000 anni a.C.

Attraverso l'evoluzione della scrittura, egli è stato in grado di tradurre il pensiero, le cui qualità eteree, mobili, inafferrabili e declinate da colori emotivi, confondono la chiarezza del messaggio in esso contenuto. Affinché il messaggio contenuto nel pensiero fosse facilmente comprensibile dall'interlocutore, la scrittura si è strutturata progressivamente passando elaborati grafici come i grafemi, pittogrammi ad alfabeti, ognuno di questi sottostante a convenzioni e canoni riconosciuti in seno ad ogni cultura.




Il pensiero è dunque una facoltà intellettiva inafferrabile, complessa, articolata, le cui modulazioni variano secondo la personalità, la scolarità, la cultura, l'oggetto del pensiero. Spesso è una nebulosa che si va dissolvendo nell'atto stesso il pensiero stesso prende forma concreta "nero su bianco".
Ecco quindi che il processo cognitivo deve necessariamente subire una "manipolazione" espressiva, una trasformazione guidata dal pensiero stesso che diventa contemporaneamente oggetto (messaggio) e soggetto (elaboratore) della comunicazione. Del resto, se così non fosse, e se la scrittura traducesse "per filo e per segno" il pensiero astratto, dinamico e amorfo, essa non sarebbe sintatticamente comprensibile.

Se ne deduce che un processo cognitivo così complesso come il pensiero, ha potuto essere tradotto e formalizzato su carta, trasmettendosi non solo ad interlocutori diretti, ma anche ad un numero di persone più ampio. La conseguenza più importante è stata la testimonianza storica, pilastro della memoria storica e dunque della identità umana.
Con la nascita e lo sviluppo della scrittura, l'Uomo ha potuto trascendere i limiti dello spazio e del tempo, conferendo al pensiero i caratteri di ubiquità e di immortalità.

Dove sarebbe rimasta l'umanità se i grandi pensatori o scienziati, per esempio, non avessero espresso il loro pensiero su carta? Probabilmente la nostra conoscenza si sarebbe impoverita o smarrita nella staffetta della tradizione orale, la quale, contaminata da innesti culturali, avrebbe perso l'identità originaria.




L'evoluzione della scrittura ha conosciuto una nuova tappa storica, quando nel XV secolo d.C., con l'invenzione della stampa di Gutenberg, il pensiero umano ha ampliato i suoi orizzonti, facilitando la diffusione del pensiero stesso. La stampa, ancora d'attualità, conosce un progressivo declino a favore dei nuovi strumenti di comunicazione tecnologici. Questi, sottraendosi ai limiti della stampa, hanno ceduto alla tentazione dell'immediatezza del messaggio, della sua accessibilità universale.

Se è pur vero che la tecnologia è uno strumento che testimonia un'ulteriore tappa nell'evoluzione storica dell'umanità, dall'altra quest'ultima si sottomette progressivamente perdendone le caratteristiche di unicità.
Pure i contenuti del messaggio stesso restano virtuali, e la memoria aleatoria, dislocata in servers e suscettibile di perdita. E la forma? Ancor più impersonale, con una distorsione del linguaggio, della struttura grafica, ed un ricorso alla simbolizzazione archetipale stile pittogrammi. Ciò che è evidente è che l'identità dell'autore si fa sempre più incerta.

L'etereicità dello strumento informatico sta riportando l'Uomo verso l'etereicità del suo stesso pensiero, risalente all'era pre-egiziana; ed il progresso che si è costruito in sei millenni di storia, si sta dissolvendo in meno di un secolo.
Con l'illusione della rapidità e della globalità nella diffusione, la tecnologia spersonalizza, toglie anima e e forma al pensiero, ed in definitiva dissolve il ricordo stesso.

La soluzione?

Il nostro pensiero deve mantenere un'identità personale e storica, e noi dobbiamo lasciare traccia del nostro passaggio in questa vita. Per fare ciò, ritornare a scrivere a mano, ed esprimere le nostre idee su carta. La manoscrittura à un patrimonio dell'umanità, è testimonianza dell'umanità, è memoria dell'umanità... di quell'individuo che sceglie, lasciando traccia del suo passaggio, di rendere immortale se stesso.

Jennifer Taiocchi

domenica 3 settembre 2017

QUAL E' LA "BELLA SCRITTURA" AGLI OCCHI DI UN GRAFOLOGO?





Spesso le persone provano un certo imbarazzo nel voler scrivere e mostrare la propria scrittura al grafologo. Questo non tanto per timore di essere "svelati" nei propri segreti, quanto piuttosto per timore di un giudizio estetico. "Non ho una bella scrittura!", spesso il grafologo si sente dire.
Ma cosa significa per un grafologo "bella scrittura"?

Il grafologo non è un calligrafo! Non stima il valore estetico della scrittura, ma il valore umano del tracciato, come espressione intima di un'identità strutturata nel tempo, intrisa di un vissuto cognitivo, relazionale ed emozionale.
La scrittura è dunque, agli occhi del grafologo, solo il "movimento ultimo" di una vita interiore, inimitabile. La sintesi di un "essere" in divenire.
La scrittura è dunque per il grafologo, ciò che un elettrocardiogramma è per un cardiologo. Un tracciato! E dall'interpretazione diretta di questo tracciato, si rivela per via indiretta la pulsazione vitale interiore.

Allora il grafologo apprezzerà la scrittura dagli aspetti più armoniosi, ritmati, personalizzati, quella che ha trovato una propria identità psico-grafica che evolve dai modelli stereotipati, pur sempre conservando la leggibilità. E soprattutto negli scrittori "intellettuali", apprezzerà le scritture semplificate, scevre di abbellimenti stucchevoli, che tradiscono un sentimento d'inferiorità e frivolezza. Jung definirebbe "belle" le scritture di coloro che hanno maturato, "individuato" il proprio Io, fine ultimo di una ricerca interiore.

In definitiva, la bella scrittura non è quella che seduce l'occhio, ma che accarezza l'anima!

JT

sabato 3 settembre 2016

PERCHE' IL CERVELLO PREFERISCE LA CARTA



Il cervello umano può percepire un testo nella sua totalità come una specie di paesaggio fisico. Quando leggiamo, costruiamo una rappresentazione mentale del testo. Al voltare pagina di un libro di carta, si realizza un'attività simile a quella che lascia un'impronta dietro l'altra su un percorso, c'è un ritmo e un registro visibile dello scorrere delle pagine stampate.

Molti studi dicono che allo schermo si legge più lentamente ed inoltre si ricorda meno. C'è una "fisicità" nella lettura, dice Marzanne Wolf dell'Università di Tufts. Le persone hanno bisogno di sentire la carta mentre leggono, il cervello lo chiede inconsciamente.

Noi siamo nati con circuiti cerebrali dedicati alla lettura, perchè la scrittura si inventò poco tempo fa nella nostra evoluzione: all'incirca quattro millenni avanti Cristo. Nell'infanzia, il cervello costruisce nuovi circuiti per leggere e a tal fine usa parte di altri circuiti dedicati alla parola, alla cui abilità si aggiunge la coordinazione motoria e la visione.

Il cervello comincia a riconoscere le lettere in base alle linee curve e spazi, e utilizza processi tattili che richiedono occhi e mani. I circuiti di lettura dei bambini di 5 anni mostrano attività quando praticano la scrittura a mano, al contrario restano inattivi quando si scrivono lettere su una tastiera.
 

Oltre a trattare le lettere individuali come oggetti fisici, il cervello umano può percepire un testo nella sua totalità come una specie di paesaggio fisico. Quando leggiamo, costruiamo una rappresentazione mentale del testo. La natura esatta di tali rappresentazioni resta chiara, però alcuni ricercatori credono che siano simili a una mappa mentale che creiamo di un terreno, come montagne e città, e di spazi fisici interni, come uffici e stanze.

In parallelo, la maggior parte dei casi, i libri di carta hanno una topografia più evidente del testo sullo schermo. Un libro di carta aperto rappresenta due domini chiaramente definiti: pagine di sinistra e di destra e un totale di otto angoli dentro i quali ci si orienta. Al voltare le pagine di un libro di carta si realizza un'attività simile a quella che lascia un'impronta dietrao l'altra su un percorso, c'è un ritmo e un registro visibile dello scorrere delle pagine. Tutte queste caratteristiche permettono di formare una mappa mentale, coerente, del testo. Al contrario, la maggiorparte dei dispositivi digitali interferiscono con la navigazione intuitiva di un testo e nonostante gli e-readers (libri elettronici) e tablets riproducano il modello di pagine, queste sono effimere. Una volta lette, queste pagine svaniscono.

"La sensazione implicita di dove Lei sta in un libro fisico diventa più importante di ciò che credevamo", dice l'articolo della Scientifican American. Si pone anche in questione che i fabbricanti di libri elettronici abbiano riflettuto sufficientemente su come sia possibile visualizzare dove sta il lettore in un libro.

In uno studio sulla comprensione del testo, comparando alcuni alunni che avevano letto su carta con altri che avevano letto in versione PDF sullo schermo, si osservò che i primi avevano maggior rendimento.
Altri ricercatori sono d'accordo sul fatto che la lettura basata sullo schermo può peggiorare la comprensione, poichè è mentalmente più esigente e addirittura fisicamente più faticosa che la lettura su carta. L'inchiostro elettronica riflette la luce ambientale come l'inchiostro di un libro di carta, però lo schermo dei computer, telefoni intelligenti e tablets fanno brillare la luce direttamente sul viso delle persone e la lettura può causare stanchezza visiva, dolori di testa e vista sfuocata.
In un esperimeno realizzato da Erik Wästlund, dell'Università di Karlstad in Svezia, le persone che fecero una prova di lettura comprensiva al computer ottennero risultati più bassi e diedero maggiori livelli di stress e stanchezza che le persone che eseguirono il compito su carta.

Le ricerche più recenti suggeriscono che la sostituzione della carta con lo schermo ad una età precoce ha ripercussioni svantaggiose. Nel 2012, uno studio nel Joan Ganz Cooney Center di New York reclutò 32 coppie di padri e figli da 3 a 6 anni di età. I bambini ricordarono più dettagli delle storie che avevano letto su carta, nonostante il fatto che le versioni digitali fossero arricchite di animazioni interattive, video e giochi, che in realtà deviavano l'attenzione lontano dalla narrativa.
Come risultato di uno studio che coinvolse 1226 genitori, si informò che, leggendo insieme, la maggior parte di loro e i relativi figli, prefirivano libri stampati rispetto a libri elettronici. Leggendo i libri di carta ai loro figli di età compresa tra 3 e 5 anni, i bambini potevano riportare la storia di nuovo ai loro genitori, mentre leggendo un libro elettronico con effetti sonori, i genitori frequentemente dovevano interrompere la lettura per chiedere al bambino di smettere di giocare con i pulsanti e recuperare la concentrazione sulla narrazione.
Queste distrazioni alla fine impedirono di comprendere il senso stesso delle storie lette.

Molte persone assicurano che quando vogliono realmente concentrarsi in un testo, lo leggono in carta. Per esmepio, in una inchiesta realizzata nel 2011 tra studianti post-laurea dell'Università Nazionale di Taiwan, loa maggior parte assicurò che navigava per alcuni paragrafi di un articolo on-line prima di stampare tutto il testo per una lettura più approfondita. E in uno studio realizzato nel 2003 all'Università Autonoma del Messico, circa l'80% dei 687 studenti disse di preferire leggere un testo stampato.
Statistiche sui consumatori suggeriscono che gli aspetti sensoriali della lettura su carta sono di maggior interesse per la gente, più di quanto si supponesse: la sensazione di carta e inchiostro; la opzione di ammorbidire o piegare una pagina con le dita, il fruscio distintivo di voltar pagina, la possibilità di sottolineare, di fermarsi e prendere nota, fa sì che si scelga di più la carta.
Per compensare questo deficit sensoriale, molti programmatori informatici fanno in modo di trasformare l'esperienza dei libri digitali il più simile al formato carta.

La composizione dell'inchiostro elettronico si assomiglia alla chimica tipica dell'inchiostro, e il disegno semplice dello schermo Kindle (una marca di libro elettronico) si assomiglia molto ad una pagina di libro di carta. Tuttavia, questi sforzi - che furono imitati dal concorrente Apple iBooks -  finora hanno maggiori effetti estetici che pratici.

Lo scorrimento verticale può non essere la forma ideale di navigare un testo lungo e denso como nei libri di molte pagine, però siti come New York Times , il Washington Post e ESPN,  crearono articoli attrattivi, altamente visivi, che non possono apparire nella stampa, poichà combinano il testo con video e files sonori.

E' probabile che l'organismo dei nuovi nativii digitali crei altre reti neuronali che gli permettano di preferire il supporto elettronico alla carta, però nel frattempo, oggi il resto della popolazione continua a preferire il contatto con le storiche pagine.

fonte: www.lavoz.com

lunedì 18 maggio 2015

I QUADERNI STIMOLANO L'INTELLIGENZA DEI BAMBINI






Neurologi e psicopedagogisti allertano sul rischio di sostituire i quaderni con le nuove tecnologie.

E’ impressionante la facilità con la quale i più piccoli si adattano all”era digitale”. I più svegli, a soli tre anni sono capaci già di digitare il loro nome sul cellulare dei loro genitori e di inviarlo, insieme a numerose icone, con whatsapp, con orgoglio dei loro progenitori. Gli stessi programmi educativi promuovono sempre più l’utilizzo delle nuove tecnologie, in tal modo il tablet incomincia ad essere uno strumento altrettanto abituale come lo è sempre stato il quaderno.


Apparentemente, si potrebbe pensare che in questo modo imparano prima a riconoscere le lettere e sembrerebbe che le lunghe ore che le generazioni anteriori hanno investito in calligrafia siano di troppo. La rapidità con la quale i computer entrano nelle aule riduce il tempo con il quale i bambini devono sforzarsi a scrivere a mano. Però, questo ha ripercussioni sul rendimento scolastico?

Neuroscienziati e psicopedagogisti se lo chiedono. Scrivere a mano ha i suoi vantaggi rispetto all’uso della tastiera. Tra questi, facilita un miglior riconoscimento dell’ortografia, una maggior fluidità delle idee al momento di stendere un elaborato scritto, miglior capacità di lettura e, inoltre potenzia la memoria.

Gli studi di neuroimmagine evidenziano che il cervello si attiva maggiormente quanto si scrive piuttosto che quando si digita. Nel primo caso si crea una rappresentazione interna delle lettere che coinvolge l’integrazione delle aree visive e motorie del cervello. Inoltre, si attivano aree relazionate con la ortografia, suono e significato delle parole. Queste aree si fondono con altre fondamentali nella produzione e comprensione del linguaggio, così come nella comprensione della lettura, ciò potrebbe spiegare le abilità che si potenziano con la scrittura.
Al contrario, quando i bambini si limitano a digitare, stanno semplicemente rappresentando nel loro cervello una mappa della tastiera, secondo uno studio dell’Università Indiana pubblicato in “Frontiers and Psychology”.

Maggior sforzo mentale
Imparare a scrivere a mano è un processo più complesso che digitare alcune lettere ed esige un maggior sforzo da parte del cervello. E’ necessario fare una rappresentazione mentale delle lettere che si dovranno scrivere, e ciò suppone un maggior sforzo mentale che nel lungo tempo è più proficuo, spiega Juan Lupiañez, direttore del gruppo di Neuroscienze Cognitive dell’Università di Granada. I caratteri che i bambini si sforzano di mettere per iscritto non sono sempre uguali, come quelli della stampante, e anche questo li aiuta a generalizzare e ad interiorizzare i caratteri essenziali con i quali si rappresenta ogni lettera, indipendentemente dalla destrezza con la quale si rappresenti, aggiunge. Questo apprendimento così profondo che propizia la scrittura li aiuta successivamente a riconoscere meglio i segni che leggono, e per questo anche la comprensione scritta aumenta.
E i vantaggi si estendono ben oltre i primi anni.  Prendere nota con un computer è meno efficace per l’apprendimento che farlo a mano, secondo uno studio pubblicato nella rivista “Psychological Science”. 

Coloro che prendono appunti a mano hanno un apprendimento più profondo dei concetti, mentre coloro che digitano hanno un ricordo più letterale, ma meno memoria degli aspetti concettuali importanti della lezione, appunta Lupiañez, che lo ha provato con i suoi alunni.
“Quando scrivi a mano non prendi nota di tutto, perchè non c’è il tempo. In cambio, fai molti processi di integrazione e selezione di ciò che è importante ed elabori il contenuto”.

“E’ preferibile la scrittura a mano perché attiva più aree cerebrali”
Spiega. Al contrario, la tastiera facilita una scrittura molto più rapida, perciò la tendenza è quella di prendere appunti alla lettera, senza processare molto l’informazione. “A mano il processo è più dinamico, poiché collochi frecce e vai integrando l’informazione che raccogli, qualcosa che è più difficile fare con il computer”, spiega Lupiañez.
In ogni caso, segnala, l’importante è l’uso che si faccia del computer, che può essere molto utile se si utilizza adeguatamente, perché evita di memorizzare dati che si possono cercare in internet, però esige avere le idee chiare per sapere come trovarli. 

“L’importante non è la scrittura a mano rispetto al computer, ma piuttosto che a mano processiamo l’informazione in modo molto più attiva rispetto all’uso della tastiera. Affinché il cervello apprenda devi sfidarlo, metterlo al limite di ciò che conosce e ciò che non conosce. E’ in questo modo che va acquisendo nuova conoscenza in modo solido”, conclude.

Anche il psicopedagogista Pablo Canosa difende la scrittura a mano, poiché “è sempre preferibile un processo che attivi più aree cerebrali, poiché provoca miglior apprendimento, più profondo e duraturo”. “Scrivendo a mano – spiega -, i movimento che dobbiamo realizzare lasciano un’impronta motoria nel cervello che facilita successivamente in riconoscimento delle lettere e delle parole. Cioè, aiuta un miglior apprendimento della lettura”. Secondo Canosa, professore nel Centro Universitario di Villanueva di Madrid e vicedirettore didattico, “la rappresentazione di ogni lettera, della sua grafia, si fissa molto meglio scrivendo a mano che digitando sulla tastiera”.

Con la grafo motricità, aggiunge, si sviluppa la discriminazione uditiva e visiva, l’organizzazione spazio-temporale, la corretta pressione e prensione dello strumento di scrittura e la padronanza della mano, tra le altre abilità.
“Imparare a scrivere non solo implica imparare le lettere e i numeri, ma anche le abilità come il controllo motorio, la memoria e la capacità di processare pensieri coerenti in un ordine logico”, sostiene Carmen Pascual, la direttrice scolastica della scuola primaria Padre Coloma di Madrid.

Scrivendo a mano, fa notare, “si pensa di più a ciò che si sta dicendo”. “La buona calligrafia riflette ordine, e non solo nella scrittura, ma ordine nel risolvere i problemi della vita”, sostiene. I libri attuali, specialmente nell’Educazione Infantile e nelle prime lezioni della scuola primaria, “che è quando devono acquisire questa destrezza, non promuovono la scrittura. A mala pena scrivono in questi, e ciò è il motivo per il quale li abbiamo soppressi e sostituiti dall’elaborazione dei loro propri libri” spiega.
Nonostante la tendenza generale ad accantonare la scrittura a mano nell’educazione, altre iniziative cercano di impedire che si perda la calligrafia. Nella Comunidad di Madrid, per esempio, le prove di Lettura, Scrittura e Aritmerica (LEA) e la Prova di Conoscenza e Destrezza Indispensabili (CDI) includono dettati nella parte scritta. Inoltre, ogni anno si organizza un concorso di narrativa e poesia nel quale è obbligatorio scrivere a mano i lavori.